Quando Don Bosco incontrava i bambini a Porta Palazzo a Torino, migliaia di essi con meno di 10 anni lavorava in fabbrica. Altri bambini, spesso, non sufficientemente sani, denutriti o deboli, erano persino rifiutati dalle fabbriche e vivevano in miseria, abbandonati a se stessi. Altri lavoravano pulendo i camini e erano spesso vittime di abusi dei lavoratori più grandi. In carcere poi Don Bosco scoprì che bambini anche di 12 anni vivevano nel più profondo degrado.
Don Bosco si accorse di una cosa.
I bambini avevano bisogno di un’altra possibilità di vita, di una speranza di cambiare il loro destino, avevano bisogno di assistenza. Ma il destino dei bambini non era solo il loro destino.
Don Bosco si accorse che la vita dei bambini e la vita della società erano inscindibilmente legate, che migliorando la vita dei bambini si sarebbe migliorata la società, e viceversa.
Scoprì che il benessere dei bambini e quello della società erano la stessa cosa; che bambini abbandonati, sofferenti, bisognosi, erano il sintomo di una società abbandonata, sofferente e bisognosa. E si accorse che sognare un futuro migliore per i bambini, pensare che in essi vi fossero delle infinite grandezze, speranze e capacità di amore, significava anche pensare lo stesso della società. Una società che può essere sofferente, ma anche capace di grandezze.
Per questo, Don Bosco divenne educatore, ma divenne anche comunicatore, politico, animatore sociale, migliorò la vita dei bambini, ma cambiò anche la società.
Il Faro è un centro relativamente piccolo, che offre attività educative a minori di Ancona.
Ma il Faro è anche un centro che intende essere in sintonia con questo semplice, importante, insegnamento di Don Bosco.
Se vuoi essere educatore, devi sognare il futuro di tutta la società, devi stare accanto ai bambini, ma sentire, vivere, interpretare i bisogni, le difficoltà e le grandezze del tuo tempo; i bambini sono come gocce limpide che riflettono tutto il mondo in cui vivono, un’acqua che può anche aiutare a trasformare il futuro di quel mondo.
Il Faro ha come obiettivo di offrire un servizio educativo ai bambini di Ancona, ma ha come ambizione di riconnettere costantemente l’educazione ai problemi della società, di aiutare i bambini a farne parte con coraggio, fiducia, allegria e voglia di ricercare la bellezza che la vita può dare.
Ma noi, lo ricordiamo, siamo operatori, e a noi è data la responsabilità di rendere questa ambizione operatività quotidiana, non possiamo limitarci a condividere e ad auspicare, a noi è data la responsabilità di agire, in modo competente ed efficace.
Con questa motivazione gli operatori del Faro, fin dall’inizio e ancora prima dell’apertura del centro, si sono confrontati per riflettere insieme come trasformare la responsabilità in metodologia, il sogno in metodi efficaci per costruirlo, la speranza in prospettive teoricamente e scientificamente credibili.
Gli operatori sono professionisti con esperienza pluriennale e tutti quei momenti di riflessione e costruzione comune hanno rappresentato un viaggio difficile, ma anche avvincente, tra i principi dell’insegnamento salesiano, riletti e ripensati con i modelli operativi e teorici delle scienze sociali attuali.
Quel viaggio ci ha portato fino dove siamo adesso, e abbiamo cercato sempre di raccontare quelli che ci sembravano progressi, grandi e piccoli momenti della vita educativa con i bambini, risultati che era importante diffondere.
Adesso, quel viaggio e quella sfida sono diventati un libro, “Per fare il Faro”, che abbiamo la gioia di regalare a tutti.
È un libro che racconta le nostre discussioni, i nostri dubbi, le nostre piccole grandi conquiste, il nostro tentativo di dare giornalmente credibilità a quella ambizione originaria, che aveva anche Don Bosco.
Ci teniamo a condividerlo perché davvero pensiamo che, molto più che le risposte, in esso siano importanti le domande, per noi come per tutti gli educatori e, pensiamo, per chiunque.
Certamente adesso i bambini non lavorano in fabbrica, tanto è stato fatto per proteggerli, ma forse tanto resta da fare per un’altra ambizione, ovvero quello di renderli felici, di aiutarli a vedere la bellezza della vita, nella nostra società di oggi.
Secondo il Censis, in Italia sta prevalendo il rancore sociale, l’individualismo, l’indifferenza. La recente pandemia ha probabilmente ulteriormente appesantito il vissuto di tante persone. L’osservatorio “Mutamenti Sociali in Atto-COVID19” del CNR rileva che tra le emozioni primarie, quelle maggiormente percepite in conseguenza del distanziamento sociale sono tristezza, paura, ansia e rabbia. La felicità ottiene il punteggio più basso.
Come sta cambiando la nostra società? Quali sono i suoi mali? Quali sono i valori prevalenti, cosa dà senso alla vita oggi? In che modo si stanno trasformando i rapporti sociali? E tutto questo che impatto ha sulla vita dei bambini e sulla loro possibilità di trovare la bellezza e l’appagamento?
Quali sono le nuove forme della sofferenza, della solitudine e dell’emarginazione? Quali sono i rischi che corrono i bambini?
E come agire, con una metodologia chiara, credibile e condivisa, per sviluppare nei bambini le loro migliori capacità e attitudini?
Se condividiamo queste domande è perché ci sembrano parte essenziale della funzione dell’educazione, ma anche perché, come ricorda Don Bosco, riguardano tutti.
E nel nostro dono speriamo anche di condividere questa nostra responsabilità, che è diventata un appassionato e intenso impegno quotidiano.
Buona lettura!
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