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Il Faro accompagna i bambini seguendone le diverse fasi di crescita, proponendo, in modo flessibile, attività mirate alle necessità evolutive.
In tal senso, l’adolescenza costituisce un passaggio molto complesso che richiede un’adeguata trasformazione delle proposte educative, e il centro sviluppa un modello di intervento specifico, rivolto sia agli adolescenti accolti perché fratelli dei bambini, da 6 a 13 anni, e a quanti fra questi si avvicinano al compimento del 13 anno di età.
In termini molto semplici, si può sintetizzare questa evoluzione con una frase: il bambino cerca adulti da seguire; l’adolescente cerca adulti in grado di seguirlo.
L’adolescenza si caratterizza infatti per l’indefinitezza e l’ambivalenza, essendo una fase in cui coesistono bisogno di protezione e spinta all’autonomia, processi identificatori e reazioni conflittuali.
Si tratta di un’esplorazione dentro se stessi e nel mondo.
L’adolescente è in un continuo e conflittuale movimento emotivo: chiede ascolto ma al contempo agisce rifiuti, chiede riconoscimento, ma al contempo rifugge l’identità che la famiglia gli ha attribuito e alla quale si ribella.
Come un acrobata sospeso tra una base che non riconosce più ed un’altra che non conosce ancora, avverte contemporaneamente l’ansia del vuoto, che può diventare angoscia, e il pericolo del volo; lasciarsi cadere e abbreviare la paura è spesso una tentazione molto forte. Per questo motivo, si tratta di una fase in cui è molto frequente il “passaggio all’atto”, ovvero la realizzazione di comportamenti a intenso valore simbolico, in cui le conseguenze materiali sono sminuite in funzione di uno sfogo emotivo.
L’adolescenza è la fase in cui i ragazzi scoprono di potersi fare male intenzionalmente, scoprono che il proprio corpo e la propria vita dipendono da loro stessi, iniziano ad avere un potere fino ad allora sconosciuto e proibito. Si tratta di una novità che affascina e spaventa allo stesso tempo; gli adolescenti spesso iniziano a non dormire, possono smettere di studiare, o sperimentare il digiuno intenzionale, o provare alcool o fumo. Si tratta di tentativi di conoscere se stessi, di acquisire consapevolezza delle possibilità che questa nuova fase offre. Ma il potere e gli spazi di autonomia sono esplorati “durante il volo” e spesso insieme alla paura del vuoto, e finiscono per diventare rapide soluzioni all’ansia.
L’adolescente può risolvere la crisi di identità lasciandosi andare in qualche comportamento autolesivo se, come spesso capita, la famiglia non è in grado di seguirlo in questo movimento ambivalente e contraddittorio; può iniziare a usare droghe, o alcool in dosi pericolose, o privarsi del cibo, autoinfliggersi pene corporali, essere violento, dando forma fisica ad una sofferenza emotiva, visibilità e voce ad un dolore muto. Questo capita soprattutto se il gruppo dei pari incoraggia e condivide queste soluzioni, esponendo i ragazzi a rischi che non sono in grado di valutare.
Ma nella sospensione e nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, l’adolescente compie anche una tra le esperienze più importanti e appassionanti della vita, ovvero esplorare le proprie inclinazioni, iniziando lentamente a trovare la propria identità.
Affiancare gli adolescenti significa innanzitutto evitare le scelte educative riduttive, ovvero un atteggiamento direttivo o un atteggiamento del tutto amicale e paritario; occorre riuscire, con sensibilità ed affidabilità, a seguirli nelle loro acrobazie.
La metodologia proposta dal Centro si basa su un’evoluzione del PEP dei bambini, che tiene conto della condizione profondamente diversa che abbiamo descritto: il progetto educativo non è più concordato unicamente con la famiglia, ma in primis è costruito con il minore ed approvato, nelle linee generali, congiuntamente dai Servizi Sociali e dalla famiglia. In questo, il ragazzo è responsabilizzato e coinvolto con interlocutore autonomo, per quanto lo desidera ed è capace.
Il lavoro, anche in questo caso, non si limita al ragazzo, ma è un supporto al rapporto con i genitori e mira a sostenere questi nel gestire i cambiamenti e le rapide trasformazioni, a fronteggiare le proprie difficoltà nel comprendere e accogliere la fase critica.
Il progetto non diventa un percorso prestabilito e dall’esecuzione rigida, ma piuttosto una direzione e un riferimento che permette al ragazzo e allo staff di capire i passi realizzati, nella disponibilità a rivedere le decisioni assunte.
Così, lo stesso processo di appropriazione e comprensione del proprio progetto personale diventa uno dei principali risultati dell’azione educativa in adolescenza.
È possibile e probabile che vi siano incertezze, crisi, fasi di demotivazione, in cui tuttavia l’adolescente troverà gli operatori pronti a comprendere con lui i vissuti che provocano queste problematiche; la base sicura quindi non è costituita tanto dal progetto, dalle attività e dall’ambiente che il ragazzo trova al centro, ma dalla relazione con gli operatori e dalla loro disponibilità.
Rispetto alla condizione dei bambini, che frequentano giornalmente il centro e hanno un rapporto costante con le figure di riferimento, per gli adolescenti il percorso è, gradualmente, orientato a mentalizzare tali figure, a permettere al ragazzo di sviluppare un Faro dentro di sé; il centro non è più il luogo di appartenenza, ma il posto dove tornare nei momenti di maggiore oscurità e tristezza.
Il progetto educativo parte quindi dall’assunto che il primo obiettivo è proprio la capacità di costruire il proprio progetto e diventare, anche se in parte, “educatore di se stesso”.
Al minore è riconosciuta e incoraggiata la capacità di comprendere le proprie necessità e di esprimere una competente e motivata richiesta di sostegno.
“Di cosa ho bisogno io?” è il punto di partenza del progetto, e può riguardare la dimensione di socializzazione, di autonomia, di relazione con la scuola, di salute psicofisica, di scelta per i propri studi.
Le attività sono così suggerite, concordate, verificate nel dialogo con l’operatore, che, con una presenza non invasiva né assertiva, facilita il naturale processo di pensiero del ragazzo, ponendosi come compagno affidabile.
In questo modo si definisce un percorso e un patto tra operatore e adolescente, in cui ognuno assume un ruolo e una responsabilità rispetto agli obiettivi concordati e alle modalità di aiuto.
Grande rilevanza ha il rapporto con la comunità; l’adolescente è incoraggiato e favorito nello sviluppare relazioni sia con tutti gli operatori del Centro, sia con i coetanei e gli altri adulti della comunità che rappresenta il contesto protetto in cui sperimentare le proprie competenze relazionali.
Il ragazzo è quindi accolto dall’intero sistema sociale e seguito dallo staff del Faro in modo integrato, flessibile, personalizzato e in costante evoluzione. Lo spazio e l’attenzione non sono strutturati in singole attività, ma sono fluidi, informali e seguono il naturale svolgimento del rapporto tra minore e contesto; in questo si offre una maggiore libertà di decidere la propria, personale, modalità di appartenenza al centro, senza che questo diminuisca l’attenzione e il continuo presidio educativo da parte dell’intero staff.
L’adolescente sviluppa un grande interesse per la propria identità, costantemente impegnato a verificare come è visto dagli altri e ad osservare e decidere il proprio comportamento.
La spontaneità dell’infanzia lascia posto ad una preoccupazione latente, che porta il minore ad uno stato di insicurezza e di esplorazione di atteggiamenti e comportamenti che lo rassicurino.
Il Faro sviluppa una serie di attività direttamente orientate a supportare l’adolescente nelle proprie competenze relazionali, ovvero nel comprendere e gestire le dinamiche comunicative che caratterizzano i rapporti con coetanei ed adulti.
Si tratta di una serie di semplici attività che mobilitano e coinvolgono emotivamente il ragazzo, in una situazione protetta e giocosa, attivando le sue capacità sociali, sia connesse all’osservazione di sé, sia connesse alle strategie comunicative.
Queste attivazioni sono poi utilizzate per sviluppare una riflessione sugli atteggiamenti e le competenze messe in campo, evidenziandone le possibili aree di potenziamento o trasformazione.
Infine le stesse competenze sono utilizzate come spunti per discutere di situazioni realmente vissute dai ragazzi, e per valutare insieme come mettere in atto comportamenti adeguati.
Obiettivo di questo tipo di attività è di sviluppare sia la consapevolezza delle competenze sociali, favorendo anche l’autostima del ragazzo, sia l’apprendimento di abilità fondamentali nella vita del minore.
Le proposte saranno altamente flessibili e personalizzate, e in linea generale riguarderanno la capacità comunicativa, di gestione delle relazioni sul piano emotivo, di gestione del conflitto, di lavoro di gruppo, di mediazione.
La proposta del Centro è necessariamente flessibile, ma il ragazzo è responsabilizzato anche nel rispetto dei vincoli organizzativi che sono concordati con i Servizi e la famiglia.
Il progetto ha quindi un termine previsto e degli esiti attesi, ma, rispetto ai PEP dei bambini, la valutazione in itinere è molto più frequente e condivisa, per permettere di assumere la gestione del proprio percorso, eventualmente ridefinendolo e riflettendo su tutti gli eventi imprevisti e le questioni emergenti.
Il progetto prevede quindi una serie di aree su cui lavorare, di impegni e di attività, di risultati e tempistiche, che vengono condivisi con il minore.
Grande rilevanza ha la valutazione e la revisione in itinere, che avviene ogni mese tramite un colloquio che permette all’adolescente di rivedere il percorso svolto ed eventualmente modificare le decisioni assunte.
Il termine del progetto è sancito da un evento con funzione rituale e di comunicazione a tutti i referenti che il progetto è finito, lasciando la possibilità di decidere congiuntamente un ulteriore percorso di affiancamento ancora più leggero.
Si apre infine la possibilità che il ragazzo entri in rapporto con il Centro con altri ruoli (volontario, tirocinante) potendo restituire ai più piccoli il sostegno da lui ricevuto e continuando ad avere un contesto educativo, che lo valorizzi in una relazione sempre più paritetica.