Si pensa che la parte difficile dell’educazione sia il rapporto con i bambini, il difficile equilibrio tra regole e libertà, tra tolleranza e limiti, tra accoglienza e imposizione benevola; generalmente si ritiene che un’educazione efficace consista nel gestire adeguatamente l’incontro tra adulto (genitore) e bambino (figlio).
La proposta del Faro intende percorrere una direzione diversa; al Faro l’educazione, infatti, è principalmente comunitaria.
Se vogliamo usare una metafora, al Faro non ci interessiamo solo che la pianta dia buoni frutti, come farebbe un botanico: ci interessano la bellezza e l’armonia dell’intero giardino, come farebbe un giardiniere.
La famiglia è certamente sostenuta nel proprio ruolo, se ne riconosce la priorità, ma si intende anche sviluppare una proposta complementare, fondata sulla centralità del contesto.
Il Faro, infatti, ritiene che il valore della condivisione e dell’appartenenza più ampia costituisca una base essenziale (quanto un’opportunità non frequente) per il futuro dei bambini nella società. Si tratta di proteggere e dare sicurezza ai bambini, ma anche di trasmettere loro la fiducia nei contesti allargati, di permettere loro di stare con gli altri, di partecipare alla vita di un gruppo, di superare l’individualismo e vivere un’esperienza basata sull’amicizia.
Sono opportunità in cui i bambini, sebbene affiancati dagli educatori, esprimono le proprie risorse sociali e valorizzano la propria autonomia; in oratorio e durante l’Estate Ragazzi, i bambini hanno l’occasione di far parte di una comunità e di sperimentare tutta la bellezza e la ricchezza di un contesto accogliente.
Ma cosa significa realizzare un contesto accogliente? Come viene trasmesso questo valore?
Vivere in una dimensione comunitaria significa che ogni persona è tenuta in considerazione ed è ritenuta fondamentale per il buon funzionamento e per il benessere collettivo. Si afferma quindi che c’è un rapporto diretto tra benessere della comunità e degli individui che ne fanno parte.
È importante però sottolineare una differenza tra funzionamento di un’organizzazione, come è solitamente un servizio, e di una comunità, come intende essere il Faro.
Anche un’organizzazione valorizza gli individui, ma principalmente per il contributo che forniscono al risultato, come strumenti di un processo che è prioritario rispetto ad ognuno di loro.
In una comunità, invece, contano sia il funzionamento generale, sia le persone, in un rapporto di interdipendenza. Per questo, al Faro, ogni persona è chiamata a contribuire all’organizzazione, ma il vissuto, il benessere, le difficoltà di ognuno sono sempre, anche, prese in carico dall’organizzazione.
È un processo ovviamente complesso, spesso dispendioso e faticoso; significa darsi momenti dedicati ad esplorare i pensieri e gli stati di animo di ogni persona, significa essere disponibili ad accettare e gestire i conflitti, significa investire nel dialogo paziente, anche se vi sono molte incombenze, urgenze, problemi e necessità di dare risposte alle pressioni dell’esterno.
Questo principio ha caratterizzato ogni momento del Faro: durante la selezione, in cui era garantito ad ogni persona un momento in cui poteva fare le proprie domande ai responsabili del progetto, durante la formazione iniziale del centro, in cui per circa due mesi il gruppo degli operatori ha condiviso e deciso insieme le regole e l’organizzazione metodologica del servizio, e adesso durante le attività, in cui vi sono momenti dedicati all’ascolto delle idee di ognuno, e spazi di confronto aperto e presidiato.
Tutto questo può sembrare complesso e difficile, ma per il Faro resta una direzione prioritaria, proprio perché esso rappresenta una comunità, in cui le persone sono ritenute importanti, almeno quanto l’efficienza e i risultati, e questo vorremmo che i bambini apprendessero.
La nostra convinzione è che solo educatori che vivono un’accoglienza da parte della propria organizzazione, che si sentono valorizzate, che incontrino una comunità disponibile all’ascolto e al cambiamento, possano poi porsi nei confronti dei bambini come adulti a loro volta attenti, disponibili, motivati e partecipi.
Una comunità felice, con relazioni gioiose, autentiche e vitali, molto più che un’organizzazione efficiente, è l’esperienza che crediamo possa toccare l’anima dei nostri bambini, e dar loro la fiducia necessaria per crescere e costruire nel mondo esperienze simili.
Impegnarsi per dei bambini che possano alzare lo sguardo dalla propria pianta a tutto il giardino e, un domani, sentano la bellezza della propria comunità come preziosa, almeno quanto la propria famiglia.